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Published on 2018-10-22 07:51:06 | words: 1568
L'analisi che avevo previsto di condividere dovrà aspettare qualche giorno lontano dal computer.
Nel frattempo, alcune brevi considerazioni, sia sul 19esimo "Rapporto Giorgio Rota", sia su "Torino Stratosferica".
Sul rapporto Giorgio Rota su Torino "Servizi: uscire dal labirinto", 19esimo della serie: più conferme che sorprese, anche se diversi elementi oggettivi, anche solo comparando con altre realtà, fan riflettere.
Innegabile che la realtà dei servizi sia stata importante anche durante il periodo "auto-centrico" di Torino, ma è nella natura delle cose e dei processi produttivi: se non si hanno p.es. servizi di logistica adeguati, l'industria non può ancora teletrasportare i propri prodotti e le materie prime.
Vero che l'industria 4.0 potrebbe consentire di progettare e prototipare a Torino, e produrre "sul sito" più vicino al cliente.
Ma se si eliminasse completamente la struttura produttiva locale, questo implicherebbe perder sul territorio non solo i posti di lavoro nel settore manifatturiero, ma anche buona parte delle competenze che supportano l'intero ciclo di conoscenza di un prodotto.
L'innovazione, anche incrementale, richiede di aver contatto con la realtà operativa di realizzazione, contestualizzazione (installazione), utilizzo dei prodotti- non solo con uno schermo.
Cosa indica il rapporto? Che la de-industrializzazione progressiva di Torino si è accompagnata ad una trasformazione del mix dei servizi, rimodulando verso il basso il valore aggiunto.
Speravo di esser smentito dai dati, invece rappresentano una conferma.
P.es. la creazione di un nuovo polo del Politecnico, o la Città della Salute, presuppongono una sostenibilità a medio-lungo termine degli stessi.
Ma se la realtà del territorio non è in grado di generare un livello occupazionale ad alto valore aggiunto adeguato, non saranno gli stipendi di chi lavora nel terziario a basso valore aggiunto a poter sostenere tali strutture.
Non solo in termini economici, ma anche in termini di rinnovamento del patrimonio di conoscenza (anche i docenti universitari prima o poi abbandonano la cattedra).
In questo post, a differenza di quanto ha fatto "La Stampa", non differenzierò tra il Governatore Chiamparino (PD) e la Sindaca Appendino (M5S), per un semplice motivo: con accenti diversi, entrambi han parlato di un depauperamento a favore di Milano.
Chi parla della perdita dei centri direzionali come radice della rimodulazione verso il basso dei servizi, e chi parla di trasferimento a Milano di altre realtà: entrambi dicono la stessa cosa.
Ed entrambi hanno poi nei fatti indicato che non solo osservatori esterni come il sottoscritto, ma anche chi siede nei palazzi del potere territoriale, possono convergere su una diagnosi.
Il "singolar tenzone" tra Torino e Milano è ridicolo, per diversi ordini di motivi.
Tralascio il discorso "hanno vinto loro"- è una vittoria di Pirro, se si pensa che il "sistema Italia" si riduca alla sola Milano in competizione con il resto d'Europa.
Abbiam già visto che Malpensa non ha dato i risultati attesi.
Il punto base è: la competitività del sistema Italia non è legata ad una vittoria di Torino su Milano o viceversa- le due città metropolitane da sole sono una frazione di "sistemi" come quelli di Parigi o Londra o Monaco.
Con diversi accenti, dal palco vi è stata convergenza sull'idea di riallacciare il legame tra Torino-Milano-Genova, per restare alle proposte "locali".
Dal mio punto di vista, se Torino si legasse a Lione per non legarsi a Milano, allora diventerebbe più probabile uno "spacchettamento ad est" con Trieste come porto naturale per il terminale Adriatico dei flussi da est.
I due legami, per sostenere il "sistema Italia", non dovrebbero esser necessariamente alternativi: preferisco il concetto di "corridoi".
Anche se forse sarebbe meglio prima, da osservatore, un bagno di realtà all'estero, per vedere come p.es. il sistema portuale di Rotterdam si leghi ai sistemi distributivi ed industriali non solo in Olanda, e l'impatto della "road and belt initiative" sull'assetto logistico (e le aspettative sullo stesso) dell'intero continente.
Ma è una questione sia di accettazione della realtà, sia di modelli decisionali.
E qui mi riallaccio a quanto visto in "Torino Stratosferica".
L'ho scoperto per caso, dato che ero a spasso in attesa di un evento alla Camera di Commercio.
Per evitare l'ennesimo caffé, mi son rifugiato nel Circolo del Design che stava aprendo.
Carino, soprattutto l'idea della biblioteca con tessera e la possibilità di accesso gratuito qualora si regalino libri.
Mi hanno attirato le brochure di Torino Stratosferica (figlia di Torino Strategica) e l'elenco dei relatori: ulteriore caso di proiezione verso l'esterno che, come dico spesso, qui a Torino si declina troppo sovente nell'attesa di lodi dai visitatori, ed abbondanti dosi di schiaffi comparativi, sia espliciti sia impliciti.
A parte legami personali ed attività pregresse o interessi che non è il caso di elencare qui, non sono né architetto né pianificatore urbanistico né designer- ma ritengo utile, soprattutto in un'ottica di "economia 4.0" (multidisciplinare con contaminazione continua dei saperi) ascoltare punti di vista diversi, anche al limite della provocazione.
Alcuni osservatori sono stati "lanciati" come "mystery shoppers" su Torino, scegliendo chi non era mai stato in città (più o meno).
Rinvio ad un post futuro alcuni dettagli che ho già discusso via Instagram (@hyperuranos) e via WhatsApp, e vorrei concentrarmi su un solo punto che si ricollega a quanto detto dal palco sul tema affrontato dal Rapporto Giorgio Rota, p.es. parlando della Città della Salute il Governatore ha ricordato la sua genesi, ormai pluridecennale e legata ad una proposta dell'entourage di Rita Levi Montalcini per il Brain Center.
Comparando con altre realtà, dai soliti scandinavi, ai tedeschi, ai francesi, ed anche Detroit, non è la quantità di risorse (in diversi casi, se le sono andate a cercare), ma la velocità di reazione sia in fase iniziale, sia in fase "reattiva", ovvero quando non tutto va come pianificato.
Da noi, ogni progetto "sistemico" diventa un continuo bilanciamento dei benefici tra le diverse "tribù", con la spasmodica ricerca di mantenere il progetto nella tribù di origine.
Inoltre, come ho scritto spesso, e non son il solo, la visione prospettica che vada oltre il singolo elemento è qualcosa che ancora ci manca.
Dal palco di Torino Stratosferica, spero solo come provocazione, è stato detto che non si può parlar di declino di Torino: mica abbiamo edifici fatiscenti in centro, come alcune immagini mostrate da altri paesi per sottolineare il concetto.
Un concetto di "strategia" innovativo... aspettare il disastro ignorando i segnali, per poi far i salvatori?
Fa un po' tanto stile quella vecchia canzone di Jannacci "vengo anch'io", dove dice:
"Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale
Vengo anch'io? No tu no
Per vedere come stanno le bestie feroci
e gridare "Aiuto aiuto è scappato il leone"
e vedere di nascosto l'effetto che fa"
(e tralascio invece altro paragrafo più adeguato).
Biffi Gentile ha provocatoriamente indicato come a Torino si sia passati da uno solo al comando del "sistema Torino", a 200 per alcuni decenni, a... nessuno.
Ma non è solo questione di leadership, è questione anche di ragionare sui tempi- sia decisionali, sia di valutazione dell'impatto delle decisioni.
Si può esser o meno d'accordo con il Rapporto di Roma del 1972 o "PeopleQuake" (sulla contrazione demografica), ma è innegabile che i tempi biologici del cambiamento demografico non siano legati ad uno o due cicli elettorali.
Se venerdì si è parlato di pianificazione decennale per la revisione del parco scolastico, sabato è stato corretto il tiro ad una base almeno ventennale, per la revisione di diversi elementi.
Torino Stratosferica tra venerdì e domenica ha fornito un mix di stimoli, "cicero pro domo sua", e "sales pitching", ma comunque i tre giorni sono stati un utile concentrato di brainstorming monodirezionale, simile ai "tour" che una volta, in tempi di budget più felici, era tipico organizzare per il senior management di aziende prima di un cambiamento culturale o organizzativo significativo.
L'obiettivo è aprire la mente e confrontarsi per contrasti, non far un catalogo di "to do": altrimenti, si finisce per far domani quello che altri han fatto ieri e si stan preparando oggi a rivedere...
Il costo? Star seduti per 6-7 ore seduti senza pause, se non si vuol perder qualcosa... ma è stato talmente stimolante che, pur essendomi risvegliato alla domenica mattina con raffreddore e congiuntivite, non ho potuto resistere alla tentazione di partecipare.
Peccato che il workshop di brainstorming fosse riservato solo agli under 40...
Come detto, sia il "Rapporto Rota" sia "Torino Strategica" meritano più di queste 1400 parole, ma sarà a valle di altri "stimoli" che raccoglierò questa settimana a Torino.
Per ora, buona settimana.